mercoledì 19 settembre 2012

Perché voglio fermare il declino...

Sono nato nel 1979, faccio parte di quella che è stata definita la “generazione perduta”, quella che dopo aver visto finire la guerra fredda, cadere la prima repubblica ed ora la seconda, si trova con la responsabilità di far fronte a danni che non ha causato.
Una generazione che ha visto letteralmente sprecare gli ultimi 20 anni da una classe politica incapace di rigenerarsi, sempre più staccata dalla realtà, sempre più una casta e sempre meno a servizio della “res publica”.
Hotel Raphael Craxi
Quando tra il 1992 e il 1994 in Italia tirava un’aria nuova (e di fronte agli hotel volavan monetine...) in molti credettero che il paese sarebbe uscito dalla palude in cui si trovava: da un lato il liberismo di forza italia, dall’altro il federalismo leghista dovevan rigirare come un calzino un paese sempre più decadente, sempre più fanalino di coda (tra i grandi paesi) d’Europa.
Ed invece ci ritroviamo con gli stessi problemi di vent’anni fa aggravati dal fatto che nel frattempo il mondo è cambiato mentre la nostra “classe dirigente” (le virgolette sono assolutamente d’obbligo) è nettamente peggiorata.

La soluzione più semplice e immediata, che molti miei coetanei stan seguendo, è quella di protestare, di indignarsi, di riempire i social (facebook a dir la verità) di post e immagini polemiche, ma poi cosa dovremmo fare in concreto? Dovremmo votare chi ci propone la soluzione dello struzzo, che si traduce nel non pagare i debiti, nell’uscire dall’euro e nel tornare a stampare moneta?
Basterebbe dire che questa soluzione, più o meno esplicitamente, è sostenuta da chi è stato concausa del problema (Berlusconi e la lega su tutti) oltre che da chi, palesemente, si limita a montare la protesta (Grillo), per derubricarla ad alternativa poco credibile. (Rimando a questo sintetico articolo di Scacciavillani Caimani, trote, grilli e camaleonti... )

E allora che ci resta da fare?
Dal mio punto di vista quel che ha fatto la generazione dell’immediato dopoguerra: rimuovere le macerie della guerra, eliminare i residui del ventennio precedente, ricostruire il paese per tornare a sperare.
Occorre rimboccarsi le maniche, darsi da fare e impegnarsi per abbattere i muri che stanno togliendo l’aria e la luce a questo paese ed in particolare alla mia generazione.

L’Italia è un paese fermo, un paese in cui ogni tanto si “cambia tutto per non cambiare nulla”, in cui la furbizia è l’unico “valore” realmente diffuso, in cui il merito è un concetto astratto da richiedere sempre a gran voce purché non modifichi lo status quo.  L’Italia è un paese in cui il concetto di mobilità sociale sembra una bestemmia, in cui destra e sinistra si sono sempre impegnate a congelare le posizioni acquisite, a cementificare un tessuto sociale basato sulla rendita di posizione.
Questo è paese in cui la “classe dirigente” è un circolo chiuso in cui si entra per cooptazione, in cui l’ascensore sociale funziona, al massimo, solo in discesa.
Un paese in cui uno come me, figlio d’operaio e di casalinga, ha come unica speranza, per il futuro proprio e delle prossime generazioni, quella di abbattere i vincoli opprimenti che impediscono alle energie migliori di questo paese di sprigionarsi, che costringono alla fuga chi ha talento, che ammorbano una società priva di speranze e valori.

Fermare il declino
Per questi motivi credo sia giunta l’ora di “Fermare il declino” per questo mi trovo tra gli aderenti del manifesto promosso da Michele Boldrin, Sandro Brusco, Alessandro De Nicola, Oscar Giannino, Andrea Moro, Carlo Stagnaro, Luigi Zingales:
e le loro 10 proposte: