Credo
che condividere anche questo aspetto della questione "Biogas
a Grumolo" possa essere utile soprattutto per quanti
si troveranno da amministratori o da cittadini ad affrontare
una problematica simile.
Strategie
Come
scritto "a caldo" mercoledì la gioia per il risultato
ottenuto ha un sapore particolare anche perché è il frutto di una
scelta strategica non scontata e dai più sicuramente non capita
e forse ritenuta perdente.
Mi
si conceda il vezzo di citare, ancora una volta, quel gran stratega
di 2500 anni fà :
"Il
generale vincitore, prima che venga combattuta la battaglia, fa molte
riflessioni nelle tende.
Il generale
che perde la battaglia fa, invece, pochi calcoli in anticipo”.
Sun Tzu
È
stata la convinzione della verità contenuta in queste parole che ha
orientato, non senza una preventiva e normale discussione, la Giunta
e il gruppo consigliare che rappresento, verso l'analisi precisa e puntuale delle procedure e del
progetto sui cui eravamo chiamati a pronunciarci.
Amministrazione
e Politica
L'amministrazione
è, per definizione concorde della dottrina, "cura
concreta di interessi" proprio per questo la strada
della concreta analisi del progetto era la strada "naturale"
per un ente amministrativo, come il comune, privo di potestà
legislativa.
Faccio
questa precisazione in risposta a quanti, in totale buona fede,
chiedevano fossero fatte nostre e sostenute valutazioni etiche ("il
mais è un alimento!"), economiche ("il biogas falsa
il mercato agricolo!") e di tutela della salute ("il
digestato pericoloso!").
Valutazioni
che solo il legislatore comunitario, poi statale ed infine
regionale potrebbe accogliere (modificando le leggi che
regolano la materia).
Valutazioni
quindi, spiccatamente "politiche" che, a prescindere dalla
loro sostenibilità, avremmo potuto abbracciare per un mero
ritorno di immagine ma che sapevamo non ci avrebbero condotto da
nessuna parte.
Sin
da subito abbiamo avuto la convinzione che questa battaglia si
sarebbe vinta con l'analisi, il lavoro e la precisione e non
con i facili proclami.
L'analisi
non poteva non partire dall'inquadramento normativo, ovverosia
dall'individuazione di quale fosse la legislazione di riferimento.
Per
aiutare chi si ritroverà ad affrontare una questione simile riporto
tutta una serie di riferimenti legislativi (che un lettore frettoloso
può tranquillamente saltare e passare direttamente al paragrafo "L'analisi del progetto e la Conferenza dei Servizi" ).
Corpus
legislativo di riferimento
Parlavo
di legislatore comunitario con riferimento alla Direttiva 2001/77/CE
recepita in Italia attraverso il D.Lgs.
387/2003 “Attuazione
della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell'energia
elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato
interno dell'elettricità"
Fondamentale
per capire come “muoversi” era stabilire quali fossero i dettami
in merito alla procedura autorizzativa.
In
tal senso l'articolo 12
“Razionalizzazione
e semplificazione delle procedure autorizzative”
prevede:
[..omissis..]3.
La
costruzione e l'esercizio degli impianti di produzione di energia
elettrica alimentati da fonti rinnovabili,
gli interventi di modifica, potenziamento, rifacimento totale o
parziale e riattivazione, come definiti dalla normativa vigente,
nonche' le
opere
connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e
all'esercizio degli impianti stessi, sono
soggetti ad una autorizzazione unica,
rilasciata dalla regione o altro soggetto istituzionale delegato
dalla regione, nel rispetto delle normative vigenti in materia di
tutela dell'ambiente, di tutela del paesaggio e del patrimonio
storico-artistico. A tal fine la Conferenza dei servizi e' convocata
dalla regione entro trenta giorni dal ricevimento della domanda di
autorizzazione. Resta fermo il pagamento del diritto annuale di cui
all'articolo 63, commi 3 e 4, del testo unico delle disposizioni
legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e
relative sanzioni penali e amministrative, di cui al decreto
legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, e successive modificazioni.4.
L'autorizzazione di cui al comma 3 e' rilasciata a seguito di un
procedimento unico, al quale partecipano tutte le
Amministrazioni interessate, svolto nel rispetto dei principi di
semplificazione e con le modalità stabilite dalla legge
7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni e
integrazioni. Il rilascio dell'autorizzazione costituisce titolo a
costruire ed esercire l'impianto in conformità al progetto approvato
e deve contenere, in ogni caso, l'obbligo alla rimessa in pristino
dello stato dei luoghi a carico del soggetto esercente a seguito
della dismissione dell'impianto. Il termine massimo per la
conclusione del procedimento di cui al presente comma non può
comunque essere superiore a centottanta giorni.”
L'esame del piano aziendale avviene secondo quanto stabilito dal
comma 1, articolo 44 della Legge
regionale 23 aprile 2004, n. 11
(che rappresenta anche la normativa di riferimento in materia
urbanistica).
In
campo urbanistico veste poi particolare importanza l' Aggiornamento
degli Atti d'indirizzo lettera d) - edificabilità zone agricole
di cui alle deliberazioni n. 3178/2004 e n. 329/2010.(DGR n. 856 del
15/05/2012, pubblicata nel BUR n. 40 del 25/05/2012): tale norma è entrata in vigore proprio durante il procedimento autorizzativo in oggetto (e per questo, secondo la Direzione Agroambiente, diversamente da quanto noi ritenevamo, non era applicabile nel nostro caso).
Per
una panoramica generale più dettagliata rinvio a questo interessante
articolo:
E
a questo link che ho trovato in questi giorni (ah quanto mi sarebbe
stato utile trovarlo prima!!):
L'analisi
del progetto e la Conferenza dei Servizi.
L'inquadramento
di cui sopra ci ha permesso di meglio comprendere alcuni passaggi e
quindi di poter stabilire obiettivi concreti da raggiungere.
Se
era evidente (anche dall'atto
di convocazione) che, come ente chiamato ad esprimere il proprio
parere nella Conferenza dei Servizi, avevamo un “endoprocedimento”
di riferimento (urbanistica) ci è stato sin da subito chiaro che
avremmo potuto / dovuto svolgere un ruolo di “controllo”
attivo anche di endoprocedimenti appartenenti ad altri enti.
In
questo senso abbiamo quindi letto e analizzato con attenzione
tutta la documentazione presentata: sono immediatamente emerse
lacune e incongruenze abbastanza evidenti che ci hanno
incentivato nell'opera di minuziosa analisi del progetto.
A
questo punto, avendo chiaro il quadro sia normativo che progettuale,
abbiamo ritenuto necessario avere un mandato “politico” forte dal
Consiglio comunale (attraverso una delibera ad hoc) e al contempo
portare i frutti del nostro lavoro di studio e analisi in Conferenza
dei Servizi.
N.b.
sotto il nome di “Conferenza dei Servizi” ai sensi dell'articolo
14 della legge
7 agosto 1990, n. 241,
viene ricompreso l'intero procedimento
amministrativo. Tuttavia i momenti del “confronto” vero e proprio
tra soggetto promotore, Regione, ed altri enti coinvolti avviene
durante le riunioni della Conferenza. Nel nostro caso abbiamo avuto
due riunioni, nella prima gli enti pubblici presenti (il comune di
Grumolo, la Regione e l'Avepa) hanno formalizzato tutta una serie di
richieste di approfondimento, nella seconda (alla presenza, oltre che
degli enti già presenti nella prima riunione, anche dell'Arpav) si
sono analizzate le “risposte” a tale richieste e si è arrivati
alla decisione definitiva.
Già
in sede di prima riunione della Conferenza dei Servizi abbiamo
richiesto (cito testualmente)
“alcuni
chiarimenti riguardanti sia la documentazione presentata sia gli
aspetti soggettivi della società che ha presentato l'istanza di
autorizzazione.”
Abbiamo
fatto notare la mancanza di tutta una serie di documenti (tra cui
quelli necessari per la valutazione del piano aziendale ai sensi del
comma 1 art. 44 della legge 11 del 2004 e la documentazione relativa
ai reflui zootecnici).
In
seconda battuta:
“Per
quanto riguarda gli aspetti soggettivi della Bio Green SRL vorremmo
fossero approfonditi gli aspetti legati alla qualifica di “società
agricola”, in particolare per verificare la sussistenza del
principio di connessione è per noi importante appurare:
- l'esistenza e la durata dei
contratti di affitto dei terreni condotti dalla società;
- chiarimenti in merito alla
resa;
- chiarimenti su alcune
incongruenze in merito all'utilizzo del liquame (nel progetto si
trovano quantità variabili e addirittura, a volte, riferimenti a
letame al posto di liquame)”
Oltre
a questi due aspetti fondamentali abbiamo segnalato un'altra mancanza
grave (ai nostri occhi) del progetto:
“Le
linee guida nazionali per l'autorizzazione degli impianti alimentati
da fonti rinnovabili contenute nel Decreto del Ministero dello
sviluppo economico del 10 settembre 2010 sono ancora più esplicite
nello stabilire, all'articolo 16.4 che:
“Nell'autorizzare
progetti localizzati in zone agricole caratterizzate da produzioni
agro-alimentari di qualità (produzioni biologiche, produzioni
D.O.P., I.G.P., S.T.G., D.O.C., D.O.C.G., produzioni tradizionali)
e/o di particolare pregio rispetto al contesto
paesaggistico-culturale, deve
essere verificato
che l'insediamento e l'esercizio dell'impianto non
comprometta o interferisca negativamente
con le finalità perseguite dalle disposizioni in materia di sostegno
nel settore agricolo, con particolare riferimento alla valorizzazione
delle tradizioni agroalimentari locali, alla tutela della
biodiversità, così come dal patrimonio culturale e del paesaggio
rurale”.
Dalla
documentazione pervenutaci non abbiamo trovato traccia di questa
fondamentale valutazione in merito al prodotto che è il simbolo
del nostro territorio: il riso di Grumolo delle Abbadesse.Il
nostro riso è inserito, come si può agevolmente verificare sul sito
del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali,
nell'elenco allegato al decreto (l'ultimo è il Decreto del 17 giugno
2011) sui prodotti agro-alimentari tradizionali (n. 246 della Regione
Veneto).”
A
queste nostre osservazioni si sono aggiunte quelle dell'AVEPA e della
Regione ed hanno portato ad una formale richiesta di integrazione
e modifica al progetto (nelle parti in cui presentava
incongruenze).
Le
integrazioni e le modifiche sono arrivate solo parzialmente, sicché
nella delibera del 26/06/12 del Consiglio Comunale precedente alla
Conferenza dei Servizi abbiamo
manifestato la nostra contrarietà alla costruzione dell'impianto per
tutta una serie di pareri motivati tra cui, oltre a quelli di
natura urbanistica:
a)
“la presunzione contenuta nella proposta di progetto, che
l’insediamento sarebbe direttamente collegato per nesso funzionale
ad una azienda agricola e conseguentemente tratterebbe in misura
rilevante prodotti di terreni appartenenti alla stessa azienda
agricola direttamente condotta dal promotore, non sembra
suffragata da alcun elemento oggettivo disponibile negli atti
depositati, quali: titoli di proprietà ovvero contratti che
attestino la disponibilità esclusiva per la coltivazione dei fondi
elencati nel progetto.”
b)
“La Relazione pervenuta in data 06-06-2012 (assunta al prot.
com.le n. 4614) a seguito della richiesta di integrazione manifestata
in sede di prima riunione della conferenza di servizi, è da
ritenersi non sufficiente per garantire che “l'insediamento e
l'esercizio dell'impianto non comprometta o interferisca
negativamente con le finalità perseguite dalle disposizioni in
materia di sostegno nel settore agricolo”.
Questo,
principalmente, per due ordini di motivi che non paiono analizzati
nella relazione della ditta Bio Green SRL:
•
il probabile impatto
negativo sulla coltivazione (in termini di espansione
potenziale) del riso nel territorio comunale;
•
il possibile danno
all'attività di promozione e sostegno alla coltura tipica,
causato da una probabile perdita del presidio Slow-Food e da una
maggiore difficoltà nell'ottenimento del riconoscimento I.G.P..”
Con
queste motivazioni ci siamo presentati all'ultima riunione della
Conferenza dei Servizi.
Il
dibattito si è presto concentrato sulla qualifica soggettiva della
società BioGreen SRL.
Ne
è emerso l'impossibilità di verificare la sussistenza dei requisiti
previsti dal comma 1 dell'articolo 44 della legge 11 del 2004. La
Regione ha quindi proposto una deroga ai 90 giorni che, però,
non essendo prevista dalla legge non poteva che essere accettata
dall'unanimità degli enti presenti. Ovviamente il Comune di
Grumolo si è opposto ad una simile eventualità e,
conseguentemente, si è arrivati al diniego dell'autorizzazione
alla costruzione dell'impianto.
Conclusioni
Come
vedete le argomentazione prodotte sin son tutte mantenute nel solco
di quanto la legge ci permetteva di fare.
Bisogna
esser chiari: abbiamo raggiunto l'obiettivo grazie all'impegno
profuso, ma senza errori / omissioni (non sta a me giudicare) da
parte della società proponente l'impianto avrebbe ottenuto
l'autorizzazione.
L'impressione,
del tutto personale, che mi son fatto della vicenda è che senza il
ruolo di “controllore attivo” del Comune alcune lacune e mancanze
non sarebbero emerse: d'altronde è chiaro il favore legislativo
verso la costruzione di questo genere di impianti.
Ma
a fronte di questa “corsia preferenziale” gli amministratori
comunali debbono esercitare il diritto/dovere di assicursi che
l'intero iter autorizzativo, i requisiti soggettivi del promotore e
il progetto di impianto siano conformi a quanto previsto dal
legislatore (comunitario, nazionale e regionale).
Proprio
per questo, a mio avviso, è fondamentale non sottrarre tempo
(e chi amministra un piccolo comune sa quanto il tempo non sia mai
abbastanza) all'azione di analisi e controllo in sede di
Conferenza dei Servizi (che come si può desumere dalla lunghezza
di questo post è molto impegnativa) per attività di moral
suasion con chi, al più, può entrare in gioco in sede di
approvazione dei risultati della conferenza (mi riferisco alla Giunta
Regionale).
Certo
lavorare nell'ombra con la concreta possibilità di non
ottenere risultati è politicamente un rischio rispetto al
ritorno mediatico che dà l'organizzare una raccolta di firme,
assemble e sit-in.
Ma
è l'unica strada concreta per ottenere un qualche risultato (nella
peggiore delle ipotesi, comunque, si può avere voce in capitolo per
interventi di mitigazione ambientale..il ché non è poi così
poco!).
Noi,
a Grumolo delle Abbadesse, il rischio l'abbiam corso, tanti
(troppi, scusate lo sfogo) ci han rinfacciato che il nostro era tempo
sprecato, che dalla Conferenza non sarebbe uscito niente di buono e
che invece avremmo dovuto agire sul piano politico.
Ora,
con cognizione dei fatti, posso dire che si sbagliavano: questo
genere di battaglie si vince, senza clamore, guardando ai
dettagli.
Sul
piano politico si può, si deve agire, nelle sedi e nei momenti
opportuni (in primis, ricordo a tutti, in cabina elettorale), ma
un Comune, chiamato a dir la sua in un procedimento
autorizzativo, deve, prima di ogni altra cosa, fare il proprio
dovere trovando nei limiti imposti dalla legge il modo di tutelare
gli interessi della collettività che rappresenta.